jueves, 23 de abril de 2020

Moreno occulta i dati, ma a Guayaquil non ci sono più bare


 Nella Wuhan latinoamericana 10mila morti, cinque volte in più della media. L’Oms lancia l’allarme sull’Ecuador, dove il governo dei tagli non ha i tamponi. Nella sanità stop agli investimenti, mentre l’attività estrattiva prosegue indisturbata

Entrevista a Decio Machado por 

Il Manifesto

Negli ultimi due mesi le morti in Ecuador sono cresciute in modo anomalo. Nella sola regione di Guayas, di cui la capitale è Guayaquil, sono oltre 10mila, contro una media del periodo di circa 2mila. 6700 sono i morti solo nella prima metà di aprile.

Non si conoscono i motivi dei decessi: non vengono fatti test. L’Ecuador riesce a fare poche centinaia di tamponi al giorno per il Covid-19. Il sistema sanitario (dov’è presente), anche a causa dei tagli degli ultimi anni, è al collasso e in un paese dove non mancano povertà, malnutrizione, dengue, malaria, tubercolosi e altre malattie tropicali la morte è all’ordine del giorno.

Ma mai con i ritmi di questi giorni, in città così come nelle zone indigene e amazzoniche perché l’estrazione di petrolio e di altre materie prime non si ferma con lavoratori in continuo movimento tra territori. Cos’è cambiato? L’arrivo del Covid.19.

Il governo Moreno, pur essendo stato obbligato a certificare i numeri di deceduti a Guayas, continua a dichiarare cifre di contagio basse. Le immagini di Guayaquil, con i morti ammassati per le strade hanno fatto il giro del mondo e, nonostante questo, il governo fino a venerdì scorso dichiarava solo qualche centinaio di deceduti e poche migliaia di infetti.

Ora anche nelle cifre ufficiali si vede una costante accelerazione: in tutto il paese, per il ministero della salute, ci sarebbero poco più di 10mila casi accertati e circa 500 morti.

Ma nella sola Guayaquil non ci sarebbero più bare e spazio per i cadaveri. Decio Machado, politologo ecuadoregno, sostiene di vivere «in un paese di 17 milioni di persone che potrebbe essere tra gli Stati con più vittime e contagiati, a livello percentuale del mondo, per quanto le cifre non sono chiare un po’ ovunque. Senza dubbio è quello con il peggiore dato per abitante dell’America latina. Guayaquil è l’epicentro di questa pandemia, è conosciuta come la Wuhan latinoamericana».

Secondo quanto dichiarato dal presidente Moreno, martedì scorso l’Organizzazione mondiale della Sanità ha inserito l’Ecuador tra i paesi prioritari per ricevere assistenza sanitaria per combattere la pandemia. Il governo ha richiesto, e a quanto dice il presidente ottenuto, di poter utilizzare i fondi dell’Oms per acquistare materiale medico/sanitario.

Decio Machado però ricorda: «Prima della pandemia il governo Moreno aveva un indice di approvazione tra il 4 e il 7%, adesso il dato è ancora peggiore. È sceso di almeno due punti. C’è una disapprovazione generalizzata da parte della popolazione nei confronti della gestione della crisi».

Il governo ha disposto a livello nazionale il coprifuoco tra le 14 e le 8 del mattino seguente, la possibilità di muoversi con la macchina solo un giorno a settimana e la chiusura di molte attività economiche e produttive.

L’emergenza sanitaria unita al crollo dei prezzi del petrolio, secondo la Banca mondiale, costerà all’economia dell’Ecuador almeno sei punti percentuali di Pil nel 2020. E proprio la crisi petrolifera diventa l’occasione per Moreno per addossare tutte le responsabilità al suo predecessore Correa.

Ma secondo il docente universitario Francesco Manigio, da oltre cinque anni nel paese, «il disastro che viviamo è la conseguenza delle politiche neoliberali imposte da Moreno. Ha congelato gli investimenti nella sanità pubblica e inasprito l’austerità. Il governo cerca di mantenersi ancora al potere censurando sistematicamente i dati, con la discriminazione del diritto alla salute e la persecuzione, con arresti delle forze sociali e di opposizione».

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